GLASS ONION – Una metafora potente

Titolo: Glass Onion: A Knives Out Mystery
Anno di produzione: 2022
Casa di produzione: T-Street
Distribuzione: Netflix, Lucky Red
Sceneggiatura e regia: Rian Johnson

Qual’ è la metafora potente che sta alla base di Glass Onion? secondo capitolo di Knives out? è quella relativa a un sistema, un sistema politico-economico privo di scrupoli, che gioca con la mente degli uomini… (sistema rappresentato dalla scatola degli enigmi consegnata all’inizio del film ai quattro protagonisti, con tutto quello che ci gira attorno). Di fronte a questo sistema, che, tra virgolette, ‘gioca con gli uomini’, gli uomini stessi hanno due possibilità di azione e quindi di scelta:

  1. far finta di essere degli eroi che ‘disgregano’: i disgregatori appunto; dei falsi rivoluzionari le cui scelte sono basate su un tornaconto personale… vedi le visualizzazioni su Twich, il posto di governatore e così via…
  2. oppure aprire una crisi di coscienza personale… ovvero, ciò che chiameremo: il caso delle sorelle gemelle.

Siamo, nella metafora del film, tutti dei gemelli, siamo bifronte, due facce della stessa medaglia, se e soltanto se, non ci vendiamo al sistema (vedere il primo punto); facce della medaglia unite dallo stesso scopo: bloccare quel sistema al quale non ci vendiamo; sistema che sta andando troppo oltre, che usa il ricatto economico, che manipola la giustizia: tutti i disgregatori ‘mentono’ alla sbarra pur di difendere il proprio capo, ovvero i propri interessi; quindi, siamo, in noi stessi, tenuti insieme da questo scopo, ma divisi in due da una opzione:

prima opzione: da un lato stare nel sistema secondo le regole con l’intento di bloccarlo; stare in definitiva di fronte ai suoi giochetti, provare a risolverli nella speranza di essere più intelligenti e magari più fortunati;

seconda opzione: dall’altro lato, prendere un martello e distruggere i giochetti per andare al sodo della questione. Il messaggio nascosto.

Qual è la differenza? La differenza è che nel primo caso non si va da nessuna parte, anzi si fa una brutta fine, ma perché? Perché la giustizia non serve e di soldi ne servirebbero troppi.

Daniel Craig alias Benoit Blanc ci dà una riposta nel monologo finale, quello dell’investigatore che risolve il caso: stare al gioco ha significato inquinarsi la mente, cioè iniziare a pensare e vedere come il master del gioco vuole. (parafrasi)

Per questo l’indagine parte tutta dalla gemella che rompe col martello la scatola perché, non entrando lei negli enigmi e nella stanza degli specchi rimane pressoché immune dal gioco di prestigio.

Perché, e questa è la particolarità di questa sceneggiatura, colui che trama alle spalle è il meno intelligente di tutti, ma sa fare bene una cosa, sfruttare le risorse che ha intorno. O pagando le persone che si lasciano comprare o rubando le idee che ha attorno risolvendole a proprio vantaggio.

Prende da Craig stesso l’idea, per esempio, di fare buio e sparare con la pistola. Per questo è importante non stare al gioco. Perché il sistema prende, copia e rifà.

Peccato per il finale, non ci è sembrato pulitissimo, sarebbe stata una perfetta slow burn laureliana così come descritta da G. Gimmelli,  Grandi affari, (Big Business, James W. Horne, 1929) Laurel & Hardy e l’invenzione della lentezza, Mimesis, Milano 2017. Film nel quale con la distruzione della casa e dell’auto, lenta e studiata, crolla l’ideologia borghese, proprio qualche mese prima del grande crollo della borsa, siamo nel ’29; qui, invece, in Glass Onion, crolla un certo e altro tipo di sistema economico. La fanciullezza di Stanlio, che rimane in fondo bambino, richiama l’innocenza necessaria che ha la sorella gemella per poter spaccare un meccanismo complicato e per lei inutile; una ritrovata innocenza che non si arrende di fronte alla complessità controproducente di un enigma come quello del sorriso della gioconda, anzi non teme affatto di mandarla a fuoco. Una innocenza che pesta i piedi può fare molto di più di una sofisticata intelligenza.

In definitiva: solo una ritrovata innocenza può frantumare un sistema, proprio come in Big Business.

Per quanto riguarda il montaggio in parallelo, così come si vede nel video caricato sul nostro canale Youtube, possiamo affermare quanto segue: il parallelo tra la crisi del ’29 e la crisi che il mondo occidentale sta affrontando adesso vanno di pari passo, con una differenza. James Finlayson non è Edward Norton (Miles Bron). Infatti il primo reagisce apertamente e non nascostamente come il secondo. Non mantiene la clama, ma parte all’attacco per difendere la propria borghesità. Parte per primo e Stanlio reagisce. Quando arriva il poliziotto sarà chiaro che a iniziare è stato Finlayson. Quasi pentito del fatto, fa pace con i due comici che si sono a loro volta pentiti, sì, ma per finta. Imparata la lezione Glass Onion ci porta a un altro livello: Miles è un Finlayson 2.0. Si nasconde nell’ombra, muove i fili da dietro, manipola le persone. In un certo senso la partita è rovesciata: Finlayson ha imparato la lezione, nessun pentimento la prossima volta. Stanlio e Ollio si vedono andare via per portare la loro destrutturazione altrove: la rivoluzione è appena iniziata. E la parola è proprio questa: destrutturare. La slow born laureliana con la lentezza relativa e gli sguardi in macchina ‘destrutturano’ il linguaggio cinematografico hollywoodiano visto fino al loro arrivo. Un linguaggio prettamente borghese al quale doveva seguire la promessa di benessere a tutto il popolo americano e di rimando a quello sotto l’influsso statunitense.

Così se tagliamo le scene in cui Finlayson reagisce otteniamo esattamente la sequenza finale di Glass Onion: Stanlio e Ollio idealmente, vagabondando dal 1929 al 2022 sono arrivati fino da Miles attraverso la sorella gemella per continuare la loro opera di distruzione alla quale il nuovo Finlayson non reagisce. Perché? Perché ha imparato la lezione, se dovesse arrivare il poliziotto a chiedere: chi ha iniziato? la risposta sarebbe Stanlio (ovvero la sorella gemella). Il taglio dell’albero operato da Finlayson stavolta è nascosto. Il risultato non cambia: il sistema è distrutto lo stesso. Il’29 ha dimostrato che ‘un frigo, una macchina’ per ogni famiglia era una menzogna pubblicitaria. A voi scoprire qual è la menzogna dell’attuale sistema. Questo giochetto di mani nascoste che lanciano il sasso è ben rappresentato dall’enigma della Gioconda, che chiude nel suo ambiguo sorriso la verità della sua espressione e nell’incrociare le braccia ogni suo pensiero rimane ‘circolarmente dentro di se’.

Qui possiamo notare come la chiusura delle mani si ripeta sia nella Gioconda che nel personaggio di Whiskey, il personaggio più vicino a quello della sorella gemella nel voler combattere il sistema: colpita dall’azione disgregatrice della gemella istintivamente la posizione è quella di chiudersi nell’enigma del sistema, ma la bocca aperta ricorda molto quella di Finlayson prima di attuare una reazione. Liberandosi da tutto questo si slega dal sistema. In definitiva entrambi distruggono qualcosa, ma il motivo per cui si distrugge è quello che conta. Nell’azione del ’29 invece la signora al centro, è investita dalla furia di Finlayson, pertanto non può che aggrapparsi a se stessa per reggersi: le labbra sono semi chiuse nell’indecisione dell’azione. Il problema è proprio questo: stare nel mezzo. Ovvero stare a metà tra l’enigma insolubile (o quasi) del sistema e prendere posizione disgregandolo: il ceto medio in bilico ancora tra la promessa di benessere, non più proletario, ma neanche pienamente borghese.

Irvin Gotta
© riproduzione vietata

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: contenuto protetto da copyright