‘Il gusto delle cose’ spiegato con sant’Agostino

Immagini da:
Il gusto delle cose (2023)
Sceneggiatura Trần Anh Hùng
Musiche aventi diritto
Regia Trần Anh Hùng
Distr. Lucky Red

Ne La felicità, sant’Agostino inizia proprio parlando del corpo e dell’anima e di come entrambi, corpo e anima, abbiano bisogno di due cibi diversi. Il gusto delle cose tenta di occuparsi di entrambi i cibi e la difficoltà di Trần Anh Hùng è proprio quella di mettere insieme entrambi i macro-temi. Iniziamo a parlare del finale, partendo da questo movimento di macchina (foto sotto).

È l’ultima sera di Eugenie che morirà la notte stessa. Stiamo su di lei e iniziamo ad allontanarci, passiamo cioè dal lei al noi. Per quale motivo il movimento parte da lei? Perché l’ostacolo nel noi della coppia è proprio Eugenie. La macchina continua ad andare indietro scoprendo Dodin, inquadrando la coppia, fino al fotogramma finale di tutto il movimento. Un fotogramma importantissimo per potere di sintesi. Perché nel fotogramma di arrivo di tutto il movimento quello che accade è (era molto evidente in sala) abbiamo Dodinn ed Eugenie perfettamente su un piano ortogonale rispetto a chi guarda. Ed è altresì evidente lo scostamento dell’angolo di ripresa. Infatti, il bordo del tavolo è molto più visibile dalla parte di Eugenie rispetto a quella di Dodin. Analizziamo l’inquadratura.

La cosa interessante è che sembra che i due siano su un piano ortogonale, lo scostamento di angolo nella ripresa ci dice che ciò che a noi sembra che sia sullo stesso piano (anche e soprattutto in senso metaforico) in realtà non lo è. Quel piccolo scostamento diventa un grande scostamento. Cioè, le posizioni di Eugenie e di Dodin sono all’opposto, visivamente all’opposto, divise nell’inquadratura da una flebile luce. E anche qui a noi può sembrare che quella flebile luce della candela sia il significato dell’intimità che c’è tra loro due. Anche quella piccola luce della candela per me rappresenta quello scostamento enorme nelle due posizioni che hanno Dodin ed Eugenie. In particolare, la scarsa luce dell’intelletto nel penetrare sul serio il gusto delle cose, il significato del loro amore.

E quali sono queste due posizioni? Da un lato abbiamo l’Amore che potremmo anche qui quasi definire autentico (in questo mi posso riallacciare all’analisi fatta di Foglie al vento) e la posizione di Eugenie che invece è quella della passione. In un’unica inquadratura abbiamo tutto il film, non solo, anche il significato della frase di sant’Agostino che Dodin cita in risposta alla domanda che gli fa Eugenie alla fine del film. Sono vent’anni che entrambi condividono la vita, condividono la stessa passione ed Eugenie condivide con sé stessa gli innumerevoli rifiuti alle continue proposte di matrimonio da parte di Dodin. La passione non ha questa necessità e non la comprende. Ma qual è il segreto, più che altro qual è l’effetto diretto della felicità? Sant’Agostino dice che è la pienezza. La pienezza non è abbondanza e non è neanche deficienza nel senso di deficere, cioè mancanza. Per avere la pienezza e quindi la felicità ovvero la gioia perfetta è necessario avere due cose: la modestia e la temperanza.

La modestia che viene da modus, quindi la misura; la temperanza che vuol dire limite. Tutto ciò che non riesce a entrare nella pienezza che è data da una misura compresa in un limite, o eccede e quindi va in eccesso o recede e quindi va in difetto. La passione non comprende, né modestia e né temperanza perché o eccede o recede. Sant’Agostino fa l’esempio: la lussuria eccede misura e temperanza e quindi si porta fuori dal campo della felicità. L’ avarizia recede dalla misura e dalla temperanza e quindi si porta fuori della felicità ovvero sia nel campo della infelicità. Dodin vuole la pienezza. Per avere la pienezza occorre un limite e occorre una misura, limite e misura che sono dati dalla proposta di matrimonio che fa a Eugenie. Come fa Dodin a farsi dire di sì da Eugenie è presto detto.

Deve passare dal riquadro, quindi dalla parte del fotogramma che è l’Amore, a quello della passione. Deve rinunciare, cioè, a modestia e temperanza, deve rinunciare, cioè, alla pienezza ed entrare nel campo dell’abbondanza, dell’eccedenza. Non fa altro quindi che preparare a Eugenie una cena e in quella cena consegnare l’anello, consegna fatta in un modo che non c’è bisogno di spiegarlo, più eccedente di così, non si può. E qui attenzione perché il sì di Eugenie è un sì che è condizionato da due cose. La prima dal fatto che Dodin è uscito dal campo dell’Amore entrando nel campo della passione. La seconda (questa è una pecca perché evidente solamente dalle interviste fatte dall’attrice e dal regista) dal fatto che Eugenie sta male ed è cosciente che potrebbe morire presto. E qui è centrato perfettamente il discorso di sant’Agostino, perché cosa accade? Che, se portiamo la passione nel campo dell’Amore, quel limite, quella modestia, quindi quella misura, in sostanza la pienezza, diventa uccisione della passione, cioè uccisione della morte. Attenzione qui a non confondere i termini, non che nel matrimonio non ci sia passione, stiamo intendendo due passioni completamente diverse, diciamo di tono e carattere completamente diversi. Quello che accade infatti è che accettando la proposta di matrimonio, Eugenie, ovvero, la passione, muore. Siamo pronti allora a provare a spiegare il dialogo finale.

Eugenie

Viviamo sotto lo stesso tetto da più di vent’anni. Come avete fatto ad avere questa costanza, questa perseveranza nei miei confronti.

Dodin

Sant’Agostino diceva che la felicità, è continuare a desiderare quello che abbiamo già; ma voi, siete stata mai mia?

Eugenie

Posso farvi una domanda? È molto importante per me. Sono la vostra cuoca o sono vostra moglie?

Dodin

La mia cuoca.

Eugenie

Grazie.

Il grazie che chiude tutto il film lo analizziamo alla fine. Come è possibile desiderare ciò che già si possiede? Ovviamente, sant’Agostino si sta riferendo a Dio ed essendo noi creati a Sua immagine e somiglianza rientrando in noi stessi, nel nostro Sé, ecco che scopriamo di possedere già Dio. Questo però non è qualcosa di scontato, è una ricerca che l’uomo deve fare. La fine di questa ricerca è possedere Dio scoprendo appunto di averlo in Sé. Sant’Agostino dice, ti cercavo fuori di me, mi gettavo nelle creature che tu hai creato quando Tu invece eri dentro di me. Se l’esito di questa ricerca porta a Dio, porta quindi al possesso di Dio, sapendo che comunque Dio è quella persona che desidera enormemente essere posseduta dalla sua creatura. Pertanto, ci troviamo in una condizione in cui l’Amore di Dio è già un Amore corrisposto in partenza. È il nostro libero arbitrio che ci deve far propendere a desiderare questo amore oppure no. Ciò che noi già possediamo, quindi, se lo vogliamo, è Dio stesso. Ed essendo sommo bene: la felicità; quindi, per sant’Agostino, la felicità è il possedere il bene supremo e cioè Dio. Ma allora perché desiderare continuamente ciò che già si possiede? Perché Dio è nel tempo ma anche fuori del tempo e cioè eterno e quindi quel possederlo è possederlo nell’eterno presente. Pertanto, eterno presente deve essere anche il nostro desiderio.

Il desiderio, quindi, continuamente deve mettere in moto la volontà e l’intelletto affinché quella possessione di Dio venga mantenuta. Non solo, Dio si dà poco alla volta e quindi la dinamica è la stessa dell’innamoramento. È la stessa che poi porta dall’innamoramento al matrimonio. Cercare, ricercare ciò che già si possiede fa sì che una volta che ciò che si è cercato e si possiede viene messo in pratica, si cercherà ancora per progredire. Quindi per far sì che quella pienezza sia più piena, più piena, più piena, e il miracolo è però che non diventa mai eccesso e né recesso. Questa dinamica che è la dinamica dell’amore passa per riflesso da Dio agli uomini, quindi all’interno di una coppia di sposi, mette in evidenza proprio la domanda che Eugenie fa. Cioè, come sia stato possibile che Dodin, in vent’anni, non hai fatto altro che insistere, avendo costanza nel chiederle di sposarla. Proprio perché nella dinamica dell’amore, quando questo è riflesso di Dio, questo diventa un eterno presente. Diventa, cioè, un desiderio continuo e un desiderio costante che si rinnova in ogni tempo, in ogni tempo, in ogni tempo. È un voler, cioè, possedere in ogni istante ciò che già si è posseduto l’istante prima.

L’errore, dunque, che fa Dodin è quello di scambiare il mezzo per il fine. Cioè, è quello di scambiare e di pensare che la sua felicità possa essere indipendente dal possesso di Eugenie, dell’amore di Eugenie, concentrandosi solamente sull’istante del desiderio. Motivo per il quale potrà spostarsi nel campo di Eugenie abbassandosi per ben due volte e oserei dire uccidendola entrambe le volte.

La prima, quando gli prepara la cena e gli fa la proposta con l’anello nel modo che abbiamo visto, la seconda è nella risposta che dà nel dialogo finale, abbassandosi una seconda volta, cioè, entrando nel campo della passione, togliendosi da quello dell’amore, accettando cioè che Eugenie sia per lui solamente una cuoca.

Il grazie finale di Eugenie, di fatto, fa trionfare la passione, uccidendo l’amore, uccidendo il desiderio, uccidendo il frammento di eternità, spegnendo, idealmente, quella fioca luce della candela che rappresenta la fiocca luce dell’intelletto.

Vi sono due cibi, quello del corpo e quello dell’anima. In questo film, il tentativo è quello di metterli insieme. Non è soltanto, infatti, il gusto, la bellezza dei piatti che vengono fatti, ma è anche la capacità di raccontarli e anche la capacità dell’intelletto di vederli e di sentirli. Ma tra queste due pietanze, quella per il corpo e quella per l’anima, quella che ci rimette, è quella dell’anima.

Una possibilità c’era nella scrittura ed è Pauline. Pauline è la non figlia della non coppia. In un luogo narrativo dove tutto è spostato ma ordinato, Pauline diventa l’ago della bilancia, riuscendo ad attirare le attenzioni sia di Dodin che di Eugenie.

Intendendo l’intero film come una ricetta, quello che il regista e anche sceneggiatore riesce a fare è trovare l’equilibrio degli ingredienti. Da un lato l’abbondanza che oltrepassa la pienezza, nell’aspetto culinario. Dall’altro, la storia, la storia d’amore che lavora per recesso. Pauline poteva e doveva essere quella spinta in più all’interno della ricetta per centrare meglio questo equilibrio. Vero è che il film è stato girato in soli 32 giorni e per la maggior parte all’impronta.

Chiudo questa analisi con quanto scrive nell’Andria, Terenzio, il commediografo Terenzio, frase riportata da sant’Agostino ne La felicità: “Perché non può realizzarsi ciò che vuoi? Fa di volere ciò che è possibile”.

Irvin Gotta
© riproduzione vietata

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: contenuto protetto da copyright